Abbondanti granelli per clessidre inesistenti

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Vaalin
view post Posted on 24/3/2014, 01:19 by: Vaalin




Esasperatamente lento, passo dopo passo, sotto un Sole inclemente, Raga scivolava fra le sabbie della città; come un'ombra, o piuttosto un guscio d'uovo rotto.
Non è che ponesse cura nel non farsi notare o si muovesse in modo callido, rapido e silenzioso, tutt'altro, la sua camminata era claudicante, il suo respiro affannoso, la sua mobilità negligibile.
Semplicemente, era come un guscio d'uovo rotto ai margini della strada: irrilevante, presente alle coscienze giusto il tempo di scansarlo e dimenticarlo.
Circostanza triste la sua, ma benefica sotto più aspetti; meglio abbandonati, rimossi dalla memoria, che compatiti — ciò neanche il suo mutilo orgoglio l'avrebbe accettato mai.
Perché Raga era stato un soldato, da sempre, e questo niente e nessuno, nemmeno il congedo forzato avrebbe potuto cambiarlo.
Il suo fisico era in rovina, null'altro che macerie della figura plastica e scattante che aveva meticolosamente scolpita con una vita di addestramenti, cesellando alla perfezione ogni singola fibra muscolare e legamento, sino a superare gli stessi limiti estremi del corpo umano. Quei ruderi di passata grandezza erano però ancora fumanti, sotto le bende e le pomate che lo ricoprivano covava ancora un fuoco difficile a spengersi, quello di un orgoglio marziale mai sopito neppur nei momenti più bassi e più duri della mutilazione. Fiamme di una determinazione glaciale ardevano nei suoi occhi plumbei durante le lunghe e sofferte ore di riabilitazione, ma invano. Ogni giorno che passava rendeva vieppiù evidente la futilità dei suoi sforzi, l'impossibilità e irraggiungibilità della meta; non avrebbe mai riavuto indietro la sua vita precedente, non sarebbe mai tornato il guerriero di un tempo e ancora molte lacrime avrebbe versate sulla sua lettera di congedo, sulla vecchia e lacera uniforme, sulle sue medaglie... null'altro che vani e vanitosi pezzi di un metallo freddo e amaro alla bocca, incapace di scaldare il cuore, abbracciarti, tenerti per mano e dirti che tutto è finito, che puoi sederti a riposare, la guerra è lontana — e tu con lei, purtroppo.
Ah, l'orrore di svegliarsi sentendo la gamba che più non hai, gridando il nome di compagni da tempo insepolti! Non un pugno di terra per loro, non un sorso di gioia per te, solo il buio infinito della notte coi suoi mostri, ben più inesorabili e crudeli di quelli in carne ed ossa.

Viveva così Raga, disilluso, impotente e schiacciato dalla forza degli eventi che lo avevano travolto.
Senza più uno scopo, senza più un amico, i più intimi spirati fra le sue braccia, il resto della sua generazione spazzato via da una guerra tanto impari quanto inesorabile.
Accadeva così che il suo sguardo di soldato si scioglieva in apatia e distacco, in sopracciglia perpetuamente calate ed una malinconia struggente dalle tinte piatte, spente e cineree come quelle dei suoi occhi stanchi.
A divampare veramente per la gran parte della giornata era oramai in lui solo il dolore continuo delle sue carni ustionate, non certo lenito dal clima estremo del suo villaggio natio o da tutta quella sabbia che finiva inevitabilmente per invadergli le bende. Proprio in cerca di un sollievo da tale angustia era quella mattina sulla via dell'usuale erboristeria, per rifornire le dispense degli essenziali ingredienti per le pomate che, da buon vecchio ufficiale medico avvezzo al primo soccorso sul campo di battaglia, si fabbricava artigianalmente secondo le proprie formule personali.
Stancamente aperta la porta con lentezza esasperante, entrato col passo incerto della protesi in legno coadiuvata dall'uso di una vecchia stampella, l'infelice registrava con totale assenza di emozione la presenza di un altro cliente da servire prima di lui, un giovanotto dall'aspetto esotico e insolito, almeno secondo i canoni usuali del luogo — perché di certo la recente esperienza del conflitto aveva decisamente spostata ogni possibile recinto mentale in materia di cosa fosse normale, strano o via dicendo. Il buon senso era un'altra di quelle cose a cui una guerra folle e disumana come quella appena conclusa gli aveva fatto rinunciare.
Aveva ancora una piccola scorta dei suoi unguenti ed era passata da poco l'ora di una delle applicazioni mattutine, non si era certo recato a comperare erbe all'ultimo momento, quindi poteva ben aspettare tutto il tempo necessario perché arrivasse il suo turno. Senza troppe cerimonie o pensieri si metteva così in coda, seguendo svogliatamente le poche parole dell'erborista che la tempistica del suo arrivo gli permetteva di sentire.

Sapendo che prima o poi l'avrebbe inevitabilmente visto e avendo notato un certo imbarazzo della ragazza nei confronti dell'altro cliente, pur ignorandone il motivo, essendosi lasciato scivolare addosso le parole della giovane, decise di esordire egli per primo con un pacato e involontariamente apatico saluto: Buongiorno, Maryam. Voce incolore, tono flebile, quasi mormorato sull'inizio e il finire, come se lui avesse solo aperta la bocca e le parole si fossero faticosamente dovute arrampicare da sole fuor dalla gola — in realtà, gli venne in mente, non sapeva nemmeno se si fossero mai effettivamente presentati, ma in quanto frequentatore abituale di quell'esercizio commerciale già da prima della guerra era una cosa che in qualche modo aveva sempre saputo, forse tramite qualche chiacchera di circostanza con la ormai defunta zia di lei. Il pensiero di un'altra figura familiare, per quanto non importante, della sua vita prima del trauma adesso irreversibilmente perduta lo attraversò per un istante, lasciandolo inebetito e distaccato, vuoto. Che... bella giornata... oggi. Eh? Quest'ultima frase, si accorse, era una memoria, una delle tante, di quel sé stesso passato che non sarebbe più tornato, per quante volte avrebbe potuto varcare ancora quella soglia niente sarebbe stato come prima.
Se avessero volto lo sguardo verso la fonte del disturbo avrebbero visto un uomo di media altezza e mezza età, un po' chino su una stampella tenuta sotto l'ascella destra e colla parte sinistra del viso ricoperta di bende a tratti unte che lasciavano scoperto, dietro una sorta di monocolo-oblò protettivo in vetro agganciato ad esse tramite un piccolo cerchio metallico, soltanto l'occhio e una minuta porzione delle carni circostanti, annerite e rese lucide da balsami lenitivi. L'effetto risultante era che l'occhio sinistro appariva illusoriamente più grande del destro.
I segni particolari non si fermavano lì però: il vestiario comodo ed abbondante lasciava in quel momento scoperta la gola, sui cui campeggiavano due evidenti, lunghe cicatrici che andavano sul finire delle stesse ad intersecarsi ad angolo acuto ed inoltre lo spessore e la forma innaturali della gamba destra lasciavano intuire senza troppi dubbi la natura artificiale della stessa, senza però troppa chiarezza sul punto di innesto.


Eccomi qua, non è un granché, ma è il pensiero che conta!
Per l'occasione ho inventato un pg un po' particolare e per inserirmi in modo più vario del semplice "passavo di lì per caso" ho pensato di interpretare un ex militare Sunese cliente abituale dell'erboristeria di Maryam.
Spero non sia un problema e di aver fatto cosa più o meno gradita dando un tale possibile spunto d'approfondimento per questo aspetto del personaggio come commerciante.
Nel peggiore dei casi, edito senza problemi.
 
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10 replies since 11/3/2014, 00:10   229 views
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