Abbondanti granelli per clessidre inesistenti

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Maryam~MTK
view post Posted on 16/3/2014, 20:24 by: Maryam~MTK




Narrato
Parlato Maryam
Pensato (... Molteplici personalità)
Parlato Altri



I fiori di menta erano nel cassettino, dentro le loro delicate bustine viola; i chiodi di garofano rinchiusi nell'armadietto con tutte le altre spezie. Sul soffitto, appesi per il gambo tramite un filo legato a degli agganci, pendevano diverse varietà di fiori essiccati. Su un tavolo cinquanta scompartimenti colorati da etichette recanti nomi diversi emanavano un gradevolissimo odore, forse troppo forte per chi non fosse stato abituato. Erano profumi che impregnavano le mie narici fin dall'infanzia e più che mai da quando ero rimasta la sola ad occuparsi dell'erboristeria della mia defunta zia.
Mio fratello Ikuto, partito due anni fa in missione, non era più tornato, anche se rimaneva in contatto via lettera.
Mi sentivo comunque sola, nonostante avessi la mia gatta nera Cleopatra e Roki, quell'idiota quel genio fenomenale del mio amico che mi assisteva negli allenamenti (svolti più che altro per non perdere rigore nella professione da kunoichi, che ormai avevo accantonato in quanto non avevo avuto più nulla da fare, lì a Suna). Era un po' da egoisti da ammettere, ma sentivo soprattutto la mancanza di quel giovane uomo che mi aveva rubato il cuore quattro anni fa a Konoha, Alex. Da quando poi la sua rosa aveva cominciato a gocciolare, mi ero chiusa molto in me stessa e ogni giorno la mi ansia aumentava, ance se cercavo di non manifestarla.
Con tutti sorridevo, mi azzuffavo con i vecchi compagni di Accademia, chiacchieravo con le vicine della mia età... Ma non bastava: un giorno, un'amica mi aveva detto che sembravo molto giù di morale.
Roki mi intratteneva in discorsi stupidi (come sempre), ogni tanto parlandomi del nostro villaggio d'origine, cosa che riusciva a ridestarmi dalla depressione. Finché durante un allenamento non si slanciò verso di me e non mi buttò a terra, urlandomi di ritornare a sorridere e di andare avanti, di dimenticare il passato quel che bastava per riprendere la strada.
Facile a dirsi.


Soprattutto se tu stessa tutti i giorni dici "Domani è un nuovo giorno, devo ricominciare"...

Taci, maledetta personalità extra.
Mi accorsi solo allora di essere di nuovo caduta nelle mie solite riflessioni, diventate più frequenti e difficili da interrompere. Cleopatra miagolava dal piano sopra, probabilmente la ciotolina del latte era vuoto. Sospirai, grattandomi il collo e di avviai su per le scale, per rifornire la mia gatta della dolce bevanda (che io al contrario non gradivo molto...).
Sbadigliai, mentre osservavo Cleo cominciare a nutrirsi con rapidi movimenti della lingua sul pelo del latte (se si dice pelo dell'acqua...); scossi la testa, facendo tintinnare alcuni campanelli delle forcine che usavo per fissare la lunga treccia che mi ero abituata ad avvolgere attorno alla testa. Non li lasciavo più sciolti, e la ciocca che era solita coprire l'occhio era "rimpatriata" dalle sue sorelle. Oltre alle forcine tintinnati, avevo quelle decorate con decorazioni in acciaio particolari e alcune a forma di fiori. Ogni tanto mettevo qualche nastrino; tutti ornamenti di colori scuri o freddi, come sempre, a volte rossi o marroni.
Scesi le scale per ritornare velocemente al banco, lisciandomi la lunga camicia rossa con i bordi bianchi merlettati. In una delle tasche in fondo ripescai una bustina di tè verde, inspiegabilmente finita lì. O meglio: Dio doveva volermi molto bene, perché quello era un chiaro riferimento al fatto che dovevo controllare se ci fosse ancora abbastanza tè verde per gli eventuali clienti che si sarebbero presentati.
Aprii velocemente il contenitore in legno in cui erano conservati: perfetto, avrei dovuto chiedere a Roki di andare alla serra di Suna per rifornirsi di foglie di tè verde...
Il campanello suonò: un cliente era appena entrato. Sperai con tutta me stessa che non avesse bisogno di tè verde proprio in quel momento...
Come al solito i miei occhi neri, aventi pagliuzze rosse, esaminarono attentamente l'arrivato, un giovane abbastanza alto e robusto che indossava anfibi neri (un mito), pantaloni chiari e canottiera con diverse gradazioni di verde. Non mi sembrava di averlo mai visto in giro, per cui doveva essere un viaggiatore di qualche altro villaggio. Aveva capelli chiari, particolarmente interessanti, tanto che il sorriso con cui lo avevo accolto in erboristeria si era addolcito. Roki mi aveva raccontato che suo nonno aveva degli occhi e dei capelli così candidi che in confronto qualsiasi abito bianco sarebbe sembrato sporco. Gli occhi, azzurri, mi ricordarono terribilmente Alexander; probabilmente ero leggermente impallidita...


Vorrei tre stecche di liquirizia e una bustina di tè verde per favore. Sa per caso che ore sono?

AHAHAHAHAHA, non ci credo, non ci credooooo e non ci credo che hai reagito solo con un tic nervoso alla testa!!! Ahahaha, avresti dovuto piuttosto correre a nasconderti da qualche parte dalla vergogna!!! Ahahahahahahaha...

Ignorando la vocina nella mia testa, mi abbassai sulle ginocchia per frugare nella cavità sottostante alla superficie del banco, dove stavano le radici: anche cieca avrei trovato subito la liquirizia con il suo fortissimo aroma. Le avvolsi in una carta azzurra e le posi su uno dei piatti della bilancia a due braccia, aspettando a equilibrare i pesi. Intanto da un'altra tasca della camicia tirai fuori il mio orologio da taschino, controllando l'ora.

Sono circa le tre; purtroppo non ho più bustine di tè verde, volete qualcos'altro?

Pfft, e dai del "voi" a quelli che sembrano tuoi coetanei...

Ebbi il forte intento di darmi un pugno in faccia per perdere coscienza e non ascoltarla più, ma in quel momento di scarsa lucidità mentale mi cadde l'orologio per terra, un metro lontano da me. Nel chinarmi a riafferrarlo, mi cadde la bustina di tè verde dalla tasca, in bella vista e con la chiara scritta "Tè verde" sul pezzo di carta a cui era attaccato mediante il filo. Ero sicura che il cliente mi avesse visto e passai lo sguardo dalla bustina a lui, da lui alla bustina, dalla bustina a lui, avvampando e diventando una fragola bella matura e cotta al sole.
Mi raddrizzai e chinai la testa in segno di scusa, piena di vergogna. Non volevo dargli quella bustina perché, dai, chi dà una bustina di tè che è appena stata nella tasca di una camicia? Io non sono così idiota...
Oddio, chissà cosa stava pensando ora il cliente... Che vergogna, che vergogna, che vergogna...


Perdonatemi, mi è rimasta solo questa bustina, ma l'avevo in tasca, perciò non mi sembrava corretto darvela... Mi dispiace tantissimo...
 
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10 replies since 11/3/2014, 00:10   229 views
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