| Vaalin |
| | Narrato «Parlato (Clara)» «Parlato (Takeda)» «Parlato (Banba)»
A Suna il calore, anche di prima mattina, era insopportabile per uno straniero. Uno dei tanti motivi dell'indipendenza di quella terra, fra le altre cose: nessuna delle altre potenze rimaste aveva riacquistato le forze e risorse necessarie per un'offensiva e una conseguente occupazione su grande scala. Avrebbero probabilmente potuto conquistare il villaggio con un'operazione di guerra lampo, ma mai sarebbero riusciti a tenerlo abbastanza a lungo da considerare l'opzione come una mossa saggia. Sarebbero bastati pochi nuclei di resistenza, magari supportati da agenti stranieri nemici, per rendere un inferno gli approvvigionamenti. Per come stavano le cose, il solo villaggio della Sabbia non sarebbe mai riuscito a sostentare il numero di soldati richiesto per tenerlo sotto controllo e difenderlo dalle mire rivali. Sulla base di questa posizione di vantaggio si era fondata la diplomazia locale, sempre attenta a raccogliere fondi sia da parte di Konoha che da parte di Kiri, le due entità statali che più si erano riprese dalla guerra. Nonostante la loro maggiore forza però erano entrambe costrette a finanziare una terza entità, Suna appunto, per evitare che questa divenisse alleata della fazione opposta.
Sotto il Sole mattutino di quel paese dal clima ostile, due opposti gruppi diplomatici facevano il loro ingresso da altrettanto opposte entrate. Divisi per intenti, colore, umore e uniformi erano però accomunati dallo sguardo vigile e analitico delle loro guide, la cui attenzione cadde naturalmente sullo stato delle mura cittadine, probabilmente una delle informazioni più importanti da riportare poi a casa. Era vero che con la scusa degli aiuti alla ricostruzione e con artifizi vari erano riusciti ad ottenere di partecipare materialmente ai lavori, sia in modo esplicito che con infiltrati, ma anche gli abitanti del luogo avevano una lunga tradizione di shinobi, quindi era sempre stato difficile discriminare il vero dal falso e setacciare le informazioni ricevute per mondarle dagli inganni portati da tutte e tre le parti in gioco.
L'informazione di importanza immediatamente successiva da ottenere era il volume dei flussi economici, per questo entrambe le delegazioni avevano pianificato, con la scusa di voler visitare i luoghi della ricostruzione, le principali piazze e mercati. Non poteva certo dirsi un'ispezione o esame accurato, ma la quantità di persone impegnate nella preparazione dei banconi e nell'esposizione della merce forniva una stima grossolana di quanto volessero sapere.
Nonostante il giro "turistico", l'arrivo dei due gruppi diplomatici nel centro del potere politico ricostruito, il palazzo del Kazekage, ebbe luogo senza ritardi, di prima mattina. E sebbene ogni cosa stesse andando esattamente come da copione, la tensione e l'agitazione del corpo diplomatico Sunese erano palpabili. Particolarmente evidente era il nervosismo del grosso omone che entrò senza troppe cerimonie nella stanza che ospitava Miyu Kiyurashi. «Ah, eccoti qui, finalmente!» Grosse gocce di sudore erano cosparse sul suo capo rasato e adusto dal Sole, di carnagione molto scura. «Quello scemo di Din ha sbagliato la prenotazione delle stanze, ma non c'è tempo per spostarsi.» Conoscevi il suddetto scemo, si trattava dell'addetto alla cancelleria, alla portineria e all'occorrenza anche alla riparazione delle tubature. Vi era una tremenda carenza di personale amministrativo e errori organizzativi non erano rari da quelle parti. Conoscevi anche mister muscolo, uno dei tuoi superiori, uomo dalle spalle imponenti e muscolatura ancor più impressionante, una furia in battaglia, ma una specie di pulcino bagnato durante situazioni del genere. Decisamente non era tagliato per i rapporti diplomatici. «Diamine, volevo farti un discorso prima, ma...» sfornava parole alla velocità con cui si sciolgono i sigilli, senza, come suo solito, lasciarti modo d'interromperlo: «Allora, ci sono due ambasciatori, uno di Kiri e uno di Konoha, dovevano essere visite separate ma hanno finito per sovrapporsi e-» L'uomo si fermò un attimo, senza fiato, per, fatto un profondo respiro, riprendere subito dopo — «Hanno chiesto espressamente di te, non so perché, ma se fai casino è finita!» Le sue ultime parole vennero accompagnate da marcati e decisi gesti delle mani, fatte scattare avanti e indietro distese e parallele a poca distanza dalla faccia. Gli fecero eco a poca distanza di tempo dei passi nel corridoio; «Ecco, arrivano, mi raccomando: composta e sangue freddo!» Tutto fuorché calmo, il tuo superiore si sistemò, eccessivamente impettito, nei pressi della porta, che aveva in precedenza dimenticato spalancata. Il tipico rumore di stivali militari in avvicinamento andò aumentando, sino a giungere al suo culmine con la comparsa, appena fuori dalla stanza, di due figure, una proveniente da sinistra e una da destra, entrambe accompagnate da due persone alle proprie spalle. «Che ameno incontro, davvero, se solo non avessi un appuntamento imminente mi fermerei a farti arrestare, criminale di guerra.» Era la voce di una donna quella sulla destra, rapida e decisa, con quella punta di malizia tipica di chi sappia di aver appena piazzato un dito in una piaga aperta e dolente. La risposta, che giungeva anch'essa da corde vocali femminili, non si fece attendere: «Che coincidenza, io pure ho un appuntamento improrogabile e un mandato di arresto per una certa terrorista.» Tuttavia, a differenza della prima, non vi era emozione in quelle parole, pronunciate con tono quasi sepolcrale. E ancor meno vitalità era possibile intravedere negli occhi del volto alla sinistra della porta, orbite gonfie, contornate da occhiaie profonde, che spiccavano come l'unica nota di colore in un volto altrimenti completamente pallido, incorniciato o meglio, ingabbiato, da un taglio medio-corto di capelli corvini poco curati. Banba si fece scappare un borbottio scomposto, che fece voltare la donna sulla destra verso di lui, mentre l'altra continuava a tenere fisso il suo sguardo sulla persona davanti a sé. «Non me lo dire...» Capelli rossi, carnagione chiara ma viva, qualche punta di trucco dato qua e là sul volto, con eleganza, vestiti casual e decolletè generoso, probabilmente per via del forte caldo a lei insolito, l'ambasciatrice sulla destra non poteva essere più diversa dalla sua odiata collega, che invece esibiva una vecchia tenuta da ufficiale militare, coi gradi di Generale ben in vista e con tanto di guanti, stivaloni e pezzi di corazza in uso tra gli Anbu; nemmeno un centimetro di pelle esposta dal collo in giù ed ogni eventuale formosità nascosta dall'abbigliamento sovrabbondante di tasche e la cintura ricca di sacche di ogni tipo nonché di un grande rotolo tenuto per orizzontale alle spalle.
Eccoci qua, scusa se per fretta le cose non son venute proprio il massimo.
Ti trovi davanti questa situazione tesa, due diverse delegazioni diplomatiche sono venute per parlare con te, senza che se ne sappia il motivo. Non era previsto inizialmente, ma qualcosa è andato storto e gli appuntamenti si sono sovrapposti, con conseguente incontro fra le due ambasciatrici, fra le quali non scorre buon sangue, per niente. Puoi cercare di sbloccare la situazione, facendo da paciere, scegliendo di iniziare da una delle due parti o ricevendole entrambe contemporaneamente. Oppure puoi lasciare che se ne occupi Banba (che verrebbe quasi sicuramente calpestato, metaforicamente, dalle due ambasciatrici).
Scusa per la troppa lunghezza >.<
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