| Un'espressione soddisfatta tinge il volto di Clara nello stesso momento in cui il tuo esprime sorpresa per la specialità offertati, dentro di sé la burocrate pasce il suo ego con un'altra mossa impeccabile portata a compimento. Con un sorriso radioso accetta di buon grado il bicchiere che cortesemente le porgi, per poi ascoltarti attentamente; solo quando "brindi" alla sua salute procede, dopo aver ricambiato l'augurio, a sorseggiarne lentamente il contenuto. «La sua impressione non è del tutto errata, ma ciò che aborro non sono le sostanze come l'alcol, è la debolezza di chi ne diviene schiavo.» La donna assapora nuovamente la bevanda, con classe e contegno, senza nessuna nota sguaiata, il suo modo di bere è come il pacato scorrere di un ruscello. Le sue labbra ora più vive e colorate, rese lucide dal liquido che le bagna, fanno come per schiudersi ancora, una e poi due volte, ma solo silenzio ne esce: l'impressione di un sospiro reso fresco e profumato. Il suo sguardo è su di te, sui tuoi occhi, lascia che sia il suo tacere a parlarti, a darti il suo consenso a continuare quella conversazione amichevole ed a lasciarsi alle spalle i veleni passati, ma è anche un modo per dire di più — se tu, se lei, foste persone normali, cosa penseresti? Ti fa parlare, senza interromperti, con un'aria assorta, dando l'impressione che in realtà la sua attenzione sia rivolta ad altro, forse a quello sguardo che, crudelmente, non distogli dal suo. Quali pensieri alberghino nella sua mente è difficile dirsi, mentre ti osserva con quell'espressione così indifesa, con quelle labbra come percorse da fremiti, quasi volessero aprirsi a forza e gridare qualcosa che non possono, non devono dire affatto. Il volto è poggiato sulla mano destra, la sinistra somministra aritmicamente la bevanda rinfrescante alla bocca, le ciglia sbattono più frequentemente del solito, lunghe, nere e definite come non avevi notato mai. Poi il tuo discorso termina e a lei resta il momento delle risposte. Con delicatezza poggia il bicchiere da una parte e abbassa lo sguardo per qualche istante, emettendo un gran sospiro: «Lei mi pone in una situazione di un certo imbarazzo...» — con un braccio fruga da qualche parte dietro la scrivania, probabilmente in un cassetto — «ma sapendo che non si sarebbe dato pace altrimenti ho ottenuto l'autorizzazione per darle questo.» L'arto nascosto dal mobile fa nuovamente capolino e ti porge un plico abbastanza snello, non certo voluminoso come gli altri presenti sul piano da lavoro. «È un insieme di documenti riservati adeguatamente filtrati per il suo grado, non mi è concesso darle di più.» Un momento di pausa, si mordicchia un labbro, all'angolo della bocca, la sua espressione è preoccupata — «Ma posso dirle questo: colpi di testa non la porteranno a niente di buono, quell'uomo, Basho, è l'altro Daimyo di Konoha.» Le ultime parole le dice con disprezzo, come se il doverlo porre sullo stesso livello del suo diretto superiore la infastidisca non poco, ci dev'essere più del semplice astio. Rifiuta educatamente la sigaretta offerta e poi prosegue: «Per il resto, accetti un consiglio personale» — guarda in un angolo, una sfumatura malinconica le copre il volto e le parole — «si dimentichi dei rotoli proibiti, solo miseria attende chi li legga, non hanno mai fatto la felicità di nessuno; dentro ci sono solo bugie e vacue promesse.» Cala il silenzio, pesante e carico di dubbi. Cosa intendeva dire? «Ma c'era un'ultima cosa che voleva sapere, giusto.» La voce riacquista vitalità ed il viso pure torna al sorriso, mentre poggia impercettibilmente la mano destra sulla guancia, che inizia a coprirsi di un tenue rossore che si nota facilmente sul pallore della sua pelle, una pelle che non ti eri mai accorto quanto fosse giovane, forse non l'avevi mai osservata così da vicino. «Dove ho imparato a combattere così bene? Intanto la ringrazio per il complimento, ma, davvero, non penso di essere niente di che...» Falsa modestia o sincera consapevolezza dei propri limiti? «Anche se forse, in effetti, il corpo a corpo è la mia unica qualità, non avendo altre abilità, se non una discreta capacità nelle tecniche standard.» Un po' difficile a credersi, dopo i fatti in quella radura l'altro giorno. Oltre a tenere adeguatamente a bada quel fastidioso non-morto era lei a tenere in piedi la barriera attorno a voi, ed in genere quello è un compito che viene diviso fra più "pilastri", per diminuire il carico di lavoro richiesto. «Più che di dove abbia imparato, penso sia più corretto parlare di chi mi abbia insegnato. Sembrerà strano, ma sono stata la prima allieva di Ryou sia all'Accademia che all'ospedale militare.» Traducendo per mezzo del dizionario "donna-uomo", ciò che dovrebbe sorprenderti è che, a dispetto del fatto d'esser la più antica discepola di una figura così importante (che di certo ha smesso di insegnare da anni), lei sia "così giovane". Deve aver iniziato molto presto l'addestramento. «Si potrebbe tranquillamente dire che sia stato lui ad insegnarmi tutto ed è stato un vero onore. La stessa fortuna non l'hanno avuta i miei compagni di corso, furono tutti bocciati prima ancora che potessi entrare in classe e conoscerli — arrivai un po' in ritardo quella mattina!» Segue una risatina innocente. Ma quindi non è sempre stata una sorta di automa ligio al dovere?
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