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Sembrava rimasto solo in mezzo ad estranei, dei quali non sapeva nulla e con i quali non voleva avere a che fare. Le ragioni erano diverse, ma tra le più importanti spiccava il fatto di essere stato visto in azione, e per via di ciò che loro avevano visto, lui non era più un giovane ordinario, e molti, se non tutti, lo avrebbero visto non tanto come una comune, banale e normale persona, bensì come un piccolo shamano guaritore, un medico, se non uno shinobi. Lo avrebbero visto come qualcosa in più di quel che voleva essere in quel momento, qualcosa che non sempre era simbolo collettivo di bontà, ma spesso assumeva una forte negatività.
Gli sguardi che sentiva addosso non lo rassicurarono, nonostante qualche pacca e qualche buon augurio ricevuto per aver aiutato chi era in difficoltà, lui si sentiva visto come uno shinobi, e tutti lo riverivano in qualche modo, con o senza coscienza. Inutile il suo tentativo di nascondere alla vista di tali estranei il copri-fronte, ben piazzato sul braccio sinistro sotto il mantello, lo avevano individuato.
Perché mi sono dovuto mettere in mostra, sarebbero riusciti lo stesso a portarlo in ospedale, non sembrava nulla di grave... sono simile ad una macchina, metto in atto procedimenti meccanici per piccoli input, senza pensare alle conseguenze, lo faccio e basta. Maledetto sia il mio altruismo.
Perduto nei suoi pensieri, venne strattonato e portato fuori dal locale. Akahito, rimasto in disparte fino ad allora, adesso era entrato in azione, tirando fuori Jin da quel trambusto, non appena le acque si erano calmate un attimo.
Torbidi ricordi riaffiorarono in un istante, la sua battaglia contro il kiriano, quella che sulla carta era una sfida vinta in partenza. Forse i tempi erano cambiati, ed adesso poteva essere più forte di quanto non lo fosse stato subito dopo la premiazione a genin, ma la sconfitta, educativa e portatrice di esperienza, ancora non aveva smesso di bruciare dentro di lui, perché tale la considerava, non un pareggio, ma una vittoria avversaria.
Si chiese in quel momento se non fosse troppo duro con se stesso. NO, non lo era, voleva arrivare tra l'elite, doveva pretendere da se stesso molto.
Tra le sabbie composte di granelli insidiosi dapprima, seguì infine la dura roccia di una caverna, o ciò che tale sembrava. Cristalli di ogni tipo e genere brillavano di una luce soffusa quando venivano toccati dalle radiazioni del sole.
Con un dito proteso, rimase immobile per qualche secondo, pensando se fosse o meno il caso di toccarlo. Il colore tra il rosa e il viola acceso lo invitava a staccare quel pezzettino, ma era in dubbio. Tutti prendevano e volevano le cose belle, come lui, proteso verso quel luccicante pezzettino attaccato ad una parete laterale, anche se dentro di se era tormentato da un affanno. Lo aveva portato in quel posto, quella caverna multicolore, e lui sarebbe stato indegno se, come se nulla fosse avesse contaminato tanta magnificenza. Chissà se il kiriano si stesse aspettando una simile reazione. Forse sì, forse no, forse voleva fargli il dono della bellezza, o i suoi intenti erano solo di mostrargli una parte di mondo.
Abbozzò un sorriso, abbassò la mano e si sedette contro la parete, raccogliendo a se la gamba sinistra sotto il mantello, mentre con lo sguardo all'insù si limitava a fissare il soffitto e i vari riflessi di luce passanti per i vari e molteplici pezzi cristallini.
Grazie per l'altra volta, per avermi portato via dal campo di battaglia, se così si possa definire.